IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA
    Nei confronti di Carminati Giuseppe la procura della Repubblica di
 Bergamo ha proceduto ad unificare 6 condanne riportate dal  Carminati
 stesso dal 1984 al 1988 per reati di furto e spaccio di stupefacenti,
 per una pena complessiva di 4 anni e 3 mesi  di  reclusione,  di  cui
 gia'  espiati  in  custodia  cautelare  10  mesi e 13 giorni. La pena
 residua da espiare e' di anni 3, mesi 4, giorni 17 reclusione.
    Il  Carminati,  per  altro,  si trova dal 20 settembre 1988 ospite
 della Comunita'  Incontro  con  sede  a  Molino  Silla  di  Amelia  e
 precisamente nel centro di Raganella, strada Versetale n. 7, dove sta
 svolgendo con profitto il programma terapeutico  riabilitativo  della
 suddetta Comunita' ed in atti presente in copia.
    E' fuori di dubbio che la carcerazione a questo punto troncherebbe
 un percorso utilmente iniziato, con  risultati  del  tutto  negativi,
 atteso  che  la  custodia in istituto di pena allo stato non e' utile
 per il tossicodipendente, anzi sarebbe del tutto controproducente.
    In tali condizioni, la domanda di affidamento in prova al servizio
 sociale non e' ammissibile, perche' per il combinato  disposto  dagli
 artt.  47  e  47-  bis  ord. penit., la pena inflitta non puo' essere
 superiore a tre anni. E nella specie e' pur vero  che  nessuna  delle
 sei condanne singolarmente considerate e' superiore a tre anni, ma il
 residuo complessivamente supera tale limite.
    Il  rientro  in  carcere  del  Carminati, peralto, potrebbe essere
 evitato ricorrendo al nuovo istituto della  sospensione  condizionale
 della condanna di cui all'art. 82- bis della legge 26 giugno 1990, n.
 162, in vigore dall'11 luglio 1990.
    Il  Carminati  e' un tossicodipendente da anni; e' seguito dal NOT
 di Seriate che  ha  convalidato  il  suo  volontario  ricovero  nella
 Comunita'  Incontro,  dove e' in corso un programma individualizzato,
 terapeutico e socio-riabilitativo,  idoneo  anche  perche'  dura  dal
 settembre 1988 con risultati positivi.
    D'altra  parte,  il  Carminati non ha commesso reati dopo l'inizio
 del programma di cui sopra e, ovviamente, la prima volta che  fruisce
 della nuova misura (che non potra' essere reiterata).
    Il limite della pena, irrogata e' fissato dall'art. 82- bis, primo
 comma, in tre anni, elevati a quattro "per i reati previsti dall'art.
 71, quinto comma" della legge 162.
    Tale  norma prevede, per le sostanze stupefacenti di cui alle tab.
 I e III (fra le quali e' compresa l'eroina), la reclusione da 1  a  6
 anni,  quando,  per  i  mezzi,  le modalita', la qualita' e quantita'
 delle sostanze, i fatti sono "di lieve entita'".
    Tale  norma,  nuova,  deve  essere raffrontata con l'art. 72 della
 legge n. 685/1975,  non  piu'  in  vigore  (reato  per  il  quale  il
 Carminati  e' stato condannato ad 1 anno e 4 mesi di reclusione), che
 senza dubbio puniva il fatto con la reclusione da 2 a 6 anni; vale  a
 dire con una pena piu' severa.
    L'attuale  legge  e',  pertanto,  piu'  favorevole al condannato e
 dovrebbe essere applicata anche se il reato de quo e' stato  commesso
 sotto l'imperio della vecchia legge.
    Senonche',  il procuratore generale si e' opposto ad una soluzione
 del genere affermando: che l'art. 2, terzo comma del c.p.p. vieta  di
 applicare  in  questa  sede  la  forma piu' favorevole al condannato,
 volta che sussiste una sentenza passata in giudicato e che manca - in
 ogni caso - nella recente legge n. 162/1990 una norma transitoria che
 consenta di  applicare  l'istituto  di  cui  all'art.  82-  bis  alle
 condanne,  ormai  irrevocabili,  emesse  con  riferimento all'art. 72
 della legge n. 685/1975.
    Nell'ipotesi che la tesi suddetta fosse fondata, ritiene allora il
 tribunale che  si  debba  investire  la  Corte  costituzionale  della
 questione,  nuova  ed interessante, della legittimita' costituzionale
 di una norma (l'art. 82- bis) che non potrebbe che  essere  applicata
 alle  future  condanne,  fondate sul reato di cui all'art. 71, quinto
 comma, della nuova legge, che e' in vigore  soltanto  dall'11  luglio
 1990  e  della legittimita', in ogni caso, di una interpretazione che
 impedisce ogni intervento correttivo di  sorveglianza  nei  confronti
 delle  pene  in  esecuzione  o  da  eseguire per reati commessi prima
 dell'11 luglio 1990.
    L'art.  72  abrogato punisce colui che "detiene" modiche quantita'
 di stupefacente, con riferimento al solo dato  obiettivo-quantitativo
 (anche  se  la giurisprudenza ha chiarito che tale dato doveva essere
 valutato  in   relazione   alla   entita'   della   tossicodipendenza
 dell'imputato. . .).
    L'art.   71,   quinto   comma,   punisce  ora  chiunque  "detiene"
 stupefacenti, ma il fatto, in relazione  ai  mezzi,  alle  modalita',
 alle  circostanze tutte dell'azione, puo' essere dal giudice ritenuto
 di "lieve entita'".
    La   nuova   disciplina,  piu'  precisa  e  dettagliata,  e'  piu'
 favorevole all'imputato sia per quanto riguarda l'entita' della pena,
 sia  in relazione ai piu' ampli poteri concessi alla discrezionalita'
 del giudice.
    D'altra  parte,  nel  caso  in  esame,  tutti  i  reati sono stati
 commessi dal Carminati in relazione  evidente  al  proprio  stato  di
 tossicodipendenza, come risulta dalla storia personale del condannato
 e dalla lettura  delle  sentenze  (5  furti  di  modesto  valore  per
 procurarsi  stupefacenti  ed una detenzione punita ai sensi dell'art.
 72, abrogato).
    Il  Tribunale,  dubita che il richiamo, in questa sede, al divieto
 di cui all'art. 2,  terzo  comma,  del  c.p.  sia  costituzionalmente
 legittimo.
    Infatti,  non  si verte qui in tema di procedimento di cognizione,
 ma  di  sorveglianza  e  con  la   sospensione   condizionale   della
 esecuzione,  non  si  tratta  certo  di  modificare o ferire comunque
 l'autorita'  del  giudicato,  che  resta  intatta,  ma  soltanto   di
 differire, a certe condizioni, l'esecuzione della pena.
    La norma citata, pertanto, non riguarda il rapporto punitivo.
    Il   rigetto   dell'istanza   di  sospensione,  implicherebbe  una
 deplorevole confusione fra la natura e le qualita'  del  giudizio  di
 merito  e  quelle del giudizio di sorveglianza, finirebbe per violare
 l'art. 3 della Costituzione perche' creerebbe un  dispari  ed  iniquo
 trattamento  tra i tossicodipendenti condannati per identici fatti, a
 seconda se commessi prima o dopo l'11 luglio 1990,  l'art.  27  della
 Costituzione  perche'  impedirebbe l'applicazione del principio della
 "tendenziale" rieducazione della pena per quei tossicodipendenti che,
 pur  essendo  sulla  via del recupero, dovrebbero tornare in carcere,
 soltanto perche' i reati sono stati  commessi  prima  dell'11  luglio
 1990.
    Ben  modesta,  comunque,  sarebbe  la carica di novita' voluta dal
 legislatore con la legge n. 162/1990, se l'istituto di  cui  all'art.
 82-  bis  fosse applicabile soltanto per il futuro e si finirebbe per
 tradire lo spirito e la ratio  della  nuova  disciplina,  che  -  pur
 affermando  l'illeceita'  del drogarsi - vuole con ogni mezzo aiutare
 coloro che stanno  per  uscire  dal  guado,  qualunque  sia  la  loro
 posizione  giuridica. In altre parole, i rapporti non esauriti con la
 formazione del giudicato, restano regolati dalla legge in  vigore  al
 momento in cui il tribunale di sorveglianza decide.
    Comunque,  il  principio  di  cui all'art. 2, terzo comma, di c.p.
 deve essere applicato con giudizio: al riguardo si veda  la  sentenza
 della cassazione 26 gennaio 1988 (in giustizia penale 1988 - II - 193
 con nota) secondo cui la legislazione piu'  favorevole  deve  trovare
 applicazione  anche in caso di sentenza irrevocabile, quando il reato
 rientra nei limiti di una amnistia e non  abbia  ancora  avuto  luogo
 l'esecuzione della pena.